Il primo candidato buco nero supermassiccio trovato appena 350 milioni di anni dopo il Big Bang

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Gli astronomi potrebbero aver identificato il buco nero supermassiccio più distante e primo mai osservato, residente nella galassia GHZ2. Questa scoperta, basata sui dati del James Webb Space Telescope (JWST), offre uno sguardo sull’universo così come esisteva appena 350 milioni di anni dopo il Big Bang. I risultati, attualmente disponibili come prestampa su arXiv, sono in fase di revisione paritaria.

La sfida della formazione precoce del buco nero

L’esistenza di un buco nero così massiccio così presto nella storia dell’universo rappresenta una sfida significativa per gli attuali modelli cosmologici. I buchi neri in genere crescono nel corso di miliardi di anni, ma GHZ2 suggerisce che alcuni potrebbero essersi formati e espansi rapidamente molto più velocemente di quanto si pensasse in precedenza. Gli scienziati stanno discutendo se questi primi buchi neri abbiano avuto origine come “semi leggeri” – che crescevano rapidamente da masse più piccole – o “semi pesanti” – a partire da dimensioni già notevoli. La velocità con cui il buco nero di GHZ2 ha raggiunto la sua massa sfida le teorie esistenti sull’evoluzione galattica.

Come JWST ha rivelato l’anomalia

Lo spettrografo del vicino infrarosso e lo strumento del medio infrarosso di JWST sono stati fondamentali per rilevare GHZ2. Questi strumenti catturano la luce stirata dall’espansione dell’universo, consentendo di fatto agli astronomi di osservare la galassia com’era nella sua infanzia. La prova chiave proviene dalle intense “linee di emissione” all’interno dello spettro di GHZ2 – bande luminose di luce che indicano processi ad alta energia.

Nello specifico, il rilevamento di una forte linea di emissione C IV λ1548, che rappresenta il carbonio triplamente ionizzato, punta fortemente verso la presenza di un nucleo galattico attivo (AGN), o di un buco nero supermassiccio che si alimenta attivamente. L’energia necessaria per strappare tre elettroni agli atomi di carbonio non può essere facilmente spiegata solo con i processi stellari.

Segnali contrastanti e indagini in corso

Sebbene le prove suggeriscano un AGN, GHZ2 non mostra tutti i tratti tipici dell’alimentazione attiva dei buchi neri. Questa complessità suggerisce un sistema misto: la galassia potrebbe essere alimentata sia dalle stelle che da un AGN, o che la formazione stellare all’interno di GHZ2 sia fondamentalmente diversa da quella osservata nell’universo locale.

I ricercatori stanno attualmente perfezionando i loro modelli per tenere conto di questa combinazione unica. Ulteriori osservazioni JWST a risoluzioni più elevate, combinate con i dati dell’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array, saranno fondamentali per confermare l’attività dell’AGN e svelare la vera natura di GHZ2.

La scoperta di GHZ2 non riguarda solo la ricerca di un altro buco nero. Ciò costringe gli scienziati a rivalutare la velocità con cui i buchi neri supermassicci possono formarsi nell’universo primordiale e se gli attuali modelli di evoluzione galattica necessitano di una revisione importante.